WHAT ABOUT MY OBJECTS?
Chiara Bettazzi
What About My Objects?
a cura di Alessandro Gallicchio
LOCALEDUE. Bologna
dal 16 dicembre 2017 al 5 gennaio 2018
Chiara Bettazzi, sin dai suoi primi anni di attività, si è dedicata con costanza alla raccolta, all’analisi, alla manipolazione e alla composizione di oggetti.
I processi di ibridazione materica innescati da questa ricerca sono confluiti in agglomerati scultorei che uniscono tecniche tradizionali a sperimentazioni più eclettiche, contraddistinte da un incessante desiderio di ordinamento. What About My Objects? è un momento di rottura, un'uscita d'emergenza, un'opportunità che l'artista ha deciso di cogliere per affrontare quella costellazione di interrogativi che ruota intorno al suo lavoro da qualche tempo, insomma: cosa fare di tutti questi oggetti oggi?
La domanda rimbomba in una società segnata dai processi ciclici di produzione, dalla consumazione compulsiva e dall'idea del possedere per esistere. Passando in rassegna la storia dell'arte a partire dagli anni ‘60, infatti, si percepisce con chiarezza che il ruolo dell'oggetto nell'arte contemporanea non solo è debitore delle sperimentazioni di Marcel Duchamp, ma trae ispirazione direttamente dai valori più perturbanti delle società post-capitaliste. Non a caso le riflessioni di Chiara Bettazzi fanno eco all'introduzione del testo di Jean Baudrillard, pubblicato nel 1968, e intitolato Le système des objets:
«Peut-on classer l'immense végétation des objets comme une flore ou comme une faune, avec ses espèces tropicales, glaciaires, ses mutations brusques, ses espèces en voie de disparition? Peut-on espérer classer un monde d'objets qui change à vue et parvenir à un système descriptif?».
L'artista decide così di tentare la via dell'abbandono dell'oggetto rinunciando alle sue proprietà formali, a cui viene preferito un catalogo di immagini.
Una serie di fotografie, video e libri d'artista sostituiscono in questo modo una collezione votata alla dispersione e contribuiscono alla sua migrazione semantica, una sorta di cristallizzazione iconografica del feticcio. In uno spazio denso di materiali e significati, Chiara Bettazzi propone una mostra che oltre a essere espressione di un processo in divenire, rivela tutta l'urgenza di un ripensamento del ruolo dell'oggetto nello spazio dell'arte.
Objets trouvés (2017) è un’installazione che si dispiega su due muri di Localedue e presenta una stratificazione di lavori realizzati o accumulati durante più fasi. Su queste pareti dialogano multiple tipologie di interventi sull’oggetto, che rendono il trattamento di quest’ultimo intrigante.
Se la serie di fotografie realizzate dall’artista nel suo studio rendiconta l’ammasso di oggetti con i quali ha convissuto per anni, dei provini testimoniano i processi che stanno all’origine di queste collezioni, ossia le ricerche ossessive nei mercatini dell’usato, interpretati come veri e propri laboratori di sperimentazione. Una presenza sequenziale di immagini perturba il carattere biografico di questi lavori: si tratta di una serie di fotografie «still life» realizzate da un fotografo anonimo e trovate da Chiara Bettazzi in una delle sue derive.
Chiude questo sistema complesso la presenza di una photographie trouvée affiancata a un video, che non solo ne rispetta il formato, ma ne analizza, grazie alla dimensione temporale dell’immagine in movimento, il luogo: una villa modernista della pineta di Roccamare (Grosseto).
Altri due lavori, sempre in linea con il desiderio di archiviazione o catalogazione, competano What About My Objects?.
Archivio (2017) è un porta cartoline che si impone, con la sua presenza scultorea, all’ingresso dello spazio espositivo. Qui, Chiara Bettazzi ha deciso di archiviare tutti gli oggetti privati presenti attualmente nel suo studio e che non sono stati manipolati per la realizzazione di sculture o installazioni. L’archiviazione tramite cartoline permette da un lato di dare un nuovo significato a questo insieme e dall’altro di creare un materiale fotografico autonomo.
Diari (2014), invece, è traccia di una pratica consueta: la manipolazione e l’assemblaggio di oggetti. Attraverso la documentazione quotidiana, metodica e sistematica delle sperimentazioni effettuate in studio, Chiara Bettazzi costituisce un corpus di immagini riunito in tre libri che testimoniano i passaggi e le trasformazioni materiche di queste collezioni.
Chiara Bettazzi
What About My Objects?
a cura di Alessandro Gallicchio
LOCALEDUE. Bologna
dal 16 dicembre 2017 al 5 gennaio 2018
Chiara Bettazzi, sin dai suoi primi anni di attività, si è dedicata con costanza alla raccolta, all’analisi, alla manipolazione e alla composizione di oggetti.
I processi di ibridazione materica innescati da questa ricerca sono confluiti in agglomerati scultorei che uniscono tecniche tradizionali a sperimentazioni più eclettiche, contraddistinte da un incessante desiderio di ordinamento. What About My Objects? è un momento di rottura, un'uscita d'emergenza, un'opportunità che l'artista ha deciso di cogliere per affrontare quella costellazione di interrogativi che ruota intorno al suo lavoro da qualche tempo, insomma: cosa fare di tutti questi oggetti oggi?
La domanda rimbomba in una società segnata dai processi ciclici di produzione, dalla consumazione compulsiva e dall'idea del possedere per esistere. Passando in rassegna la storia dell'arte a partire dagli anni ‘60, infatti, si percepisce con chiarezza che il ruolo dell'oggetto nell'arte contemporanea non solo è debitore delle sperimentazioni di Marcel Duchamp, ma trae ispirazione direttamente dai valori più perturbanti delle società post-capitaliste. Non a caso le riflessioni di Chiara Bettazzi fanno eco all'introduzione del testo di Jean Baudrillard, pubblicato nel 1968, e intitolato Le système des objets:
«Peut-on classer l'immense végétation des objets comme une flore ou comme une faune, avec ses espèces tropicales, glaciaires, ses mutations brusques, ses espèces en voie de disparition? Peut-on espérer classer un monde d'objets qui change à vue et parvenir à un système descriptif?».
L'artista decide così di tentare la via dell'abbandono dell'oggetto rinunciando alle sue proprietà formali, a cui viene preferito un catalogo di immagini.
Una serie di fotografie, video e libri d'artista sostituiscono in questo modo una collezione votata alla dispersione e contribuiscono alla sua migrazione semantica, una sorta di cristallizzazione iconografica del feticcio. In uno spazio denso di materiali e significati, Chiara Bettazzi propone una mostra che oltre a essere espressione di un processo in divenire, rivela tutta l'urgenza di un ripensamento del ruolo dell'oggetto nello spazio dell'arte.
Objets trouvés (2017) è un’installazione che si dispiega su due muri di Localedue e presenta una stratificazione di lavori realizzati o accumulati durante più fasi. Su queste pareti dialogano multiple tipologie di interventi sull’oggetto, che rendono il trattamento di quest’ultimo intrigante.
Se la serie di fotografie realizzate dall’artista nel suo studio rendiconta l’ammasso di oggetti con i quali ha convissuto per anni, dei provini testimoniano i processi che stanno all’origine di queste collezioni, ossia le ricerche ossessive nei mercatini dell’usato, interpretati come veri e propri laboratori di sperimentazione. Una presenza sequenziale di immagini perturba il carattere biografico di questi lavori: si tratta di una serie di fotografie «still life» realizzate da un fotografo anonimo e trovate da Chiara Bettazzi in una delle sue derive.
Chiude questo sistema complesso la presenza di una photographie trouvée affiancata a un video, che non solo ne rispetta il formato, ma ne analizza, grazie alla dimensione temporale dell’immagine in movimento, il luogo: una villa modernista della pineta di Roccamare (Grosseto).
Altri due lavori, sempre in linea con il desiderio di archiviazione o catalogazione, competano What About My Objects?.
Archivio (2017) è un porta cartoline che si impone, con la sua presenza scultorea, all’ingresso dello spazio espositivo. Qui, Chiara Bettazzi ha deciso di archiviare tutti gli oggetti privati presenti attualmente nel suo studio e che non sono stati manipolati per la realizzazione di sculture o installazioni. L’archiviazione tramite cartoline permette da un lato di dare un nuovo significato a questo insieme e dall’altro di creare un materiale fotografico autonomo.
Diari (2014), invece, è traccia di una pratica consueta: la manipolazione e l’assemblaggio di oggetti. Attraverso la documentazione quotidiana, metodica e sistematica delle sperimentazioni effettuate in studio, Chiara Bettazzi costituisce un corpus di immagini riunito in tre libri che testimoniano i passaggi e le trasformazioni materiche di queste collezioni.
SC17